Ocse: “Avere una laurea non serve a trovare lavoro in Italia. In Europa sì”
E'
quanto emerge dal rapporto "Education at a Glance" che ci consegna un’altra
caratteristica tutta italiana: i nostri studenti non lavorano mentre frequentano
l’università.
Avere
una laurea in tasca serve a trovare lavoro in Europa ma non Italia.
A dirlo è il rapporto intermedio Ocse “Education at a
Glance”, presentato lunedì 19 gennaio a Londra.
Nel nostro Paese il
percorso universitario non assicura nulla: il 16% dei ragazzi che scelgono di frequentare un ateneo dopo
il diploma
di scuola secondaria superiore arrivando fino alla laurea, restano disoccupati.
Un dato impressionante rispetto alla media europea del 5,3%.
Non
solo. L’Italia con il Messico,
il Portogallo,
la Spagna e la Turchia è tra i cinque Paesi
Ocse con la più alta
percentuale di persone con qualifiche basse sia tra gli adulti (55-64 anni) sia tra i giovani (25-34 anni). Inoltre nel nostro Paese la
quota di ragazzi privi di istruzione secondaria di secondo grado è al di sotto del 30% ma
resta una magra consolazione visto che con Grecia,
Spagna e Turchia deteniamo il primato dei “Neet”, ragazzi tra i
25 e i 29 anni che non lavorano e non studiano.
Lo
stesso Andreas
Schleicher, coordinatore per l’Ocse del programma
Pisa ha ammesso che l’Italia
“ha fatto molti e significativi miglioramenti negli ultimi dieci anni ma quando
si guarda all’educazione dopo la scuola il legame con il mondo del lavoro è
debole e l’università è distante dall’ambito
professionale”.
Per
la cronaca, i turchi hanno la più alta percentuale di questi giovani che non
lavorano, non studiano e non si formano, ma sono tuttavia anche l’unico Paese
tra i quattro a mostrare un calo tra il 2005 e il 2013: si è passati dal 50% al
36%.
Nella
maggior parte degli Stati la condizione di “Neet” è simile
tra uomini e donne.
Quando però emerge una differenza sono le donne in genere a mostrare percentuali
più elevate: ad esempio ci sono più di 25 punti percentuali di differenza tra la
popolazione maschile e femminile Neet in Messico e Turchia.
La più grande differenza a favore delle donne si osserva, invece, in Lussemburgo,
dove il 5% delle donne sono Neet a fronte del 12% di uomini.
I
dati dell’Ocse ci consegnano un’altra caratteristica tutta italiana: i
nostri studenti non lavorano mentre frequentano l’Università.
In altri Stati per i ragazzi è considerato normale fare
entrambi, magari per ottenere maggiore autonomia o per inserirsi nel mondo
lavorativo prima ancora di
arrivare all’agognata meta. Da noi solo il 5% degli studenti lavora meno di dieci ore settimanali a
differenza di Canada,
Stati Uniti ed Islanda dove arrivano anche a 34 ore alla
settimana.
Dal
rapporto emerge anche un’altra questione: l’Ocse ha bacchettato l’Italia sull’assunzione e il reclutamento dei docenti,
oltre alla valutazione e al merito.
Il nostro Paese sarebbe tra gli ultimi del gruppo dei 34 per quanto riguarda
l’autonomia.
L’assenza di un sistema
di valutazione che giudichi
l’operato dei dirigenti e degli insegnanti, è finita nel mirino del rapporto presentato
dall’organizzazione internazionale.
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