martedì 7 luglio 2015

Gli italiani insoddisfatti dei loro stipendi: il voto alle retribuzioni è sotto il 4

MILANO - Gli italiani sono profondamente insoddisfatti del loro 'pacchetto retributivo': in una scala da 0 a 10 danno un voto pessimo, 3,9, al loro stipendio. E' quanto emerge da un'analisi di JobPricing, l'Osservatorio sulle retribuzioni sviluppato in collaborazione con Repubblica.it, che ha sondato oltre mille lavoratori del settore privato nello scorso maggio (il RAPPORTO COMPLETO). Non stupisce scoprire che dirigenti, di aziende del Nord e in particolare della grande industria e della finanza hanno un giudizio più positivo. Preoccupante, invece, la polarizzazione verso il basso dei risultati: solo il 3% degli intervistati si dichiara 'molto soddisfatto', quasi un quarto (22,9%) 'fortemente insoddisfatto'.

La risposta 'di pancia' è dunque negativa, ma l'analisi approfondita suggerisce ulteriori spunti. Innanzitutto,
il voto migliora se si riesce a legare la retribuzione a una leva aggiuntiva, come gli incentivi di lungo termine: in questo caso, infatti, si sfiora la sufficienza (5,8 punti), mentre in presenza della retribuzione fissa si precipita a 2,3. JobPricing ha dunque scavato nei vari aspetti che compongono la soddisfazione sul posto di lavoro, che non sono meramente monetari. Ci sono altri indicatori, infatti, che compongono la nostra percezione di un 'giusto trattamento' in azienda, a cominciare dal partire tutti dalle stesse potenzialità.

Equità interna ed esterna. Sul primo punto, cioè sul percepire se "sono retribuito equamente rispetto alle altre persone in azienda che svolgono il mio lavoro", gli italiani non prendono posizione netta e danno un voto di 4,9. Il campione è spaccato: il 52% è d'accordo sull'affermazione, il 48% dà giudizio negativo. La situazione è simile (le percentuali si ribaltano con un 48% d'accordo e un 52% in disaccordo) se si passa all'equità esterna, cioè si valuta il proprio livello retributivo rispetto ad altre realtà simili.

Performance. Iniziano qui i tasti dolenti: solo un lavoratore su tre ritiene di essere retribuito in maniera adeguata rispetto al contributo che dà all'azienda, la quota di persone in totale disaccordo schizza oltre il 30%. Nel complesso, la capacità di pagare in maniera proporzionale alla performance è valutata con un misero 3,7. In questa voce, cresce la differenza tra inquadramenti: i dirigenti - spesso legati a piani d'incentivazione - vedono una correlazione maggiore tra stipendio e risultati.

Trasparenza. La platea di lavoratori torna a dividersi su questo indicatore, che prende un voto di 4,5. Il 47% degli intervistati pensa che, almeno in parte, la sua azienda comunica le motivazioni per le quali si assegna un 'premio', sia esso un bonus, un avanzamento o quant'altro. In questo caso, si allarga ancor di più la forbice tra i livelli più alti e bassi: i dirigenti danno un 7,8 alla chiarezza della distribuzione delle retribuzioni da parte dell'azienda, gli impiegati una sonora bocciatura a 3,7.

Merito. Parola onnipresente, la 'meritocrazia' scompare dalle buste paga: solo il 7,8% dei lavoratori ritiene che sia presente in azienda, mentre il 32% pensa che non sia per nulla applicata. Nel complesso, il voto è 3,8. A giocare a favore di una distribuzione meritocratica degli stipendi c'è la presenza di un sistema di incentivazione formalizzato e su base individuale. Si abbassa la percezione, invece, laddove ci sia un sistema di contrattazione aziendale.

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