mercoledì 20 aprile 2011

STRUMENTI E TECNICHE DI SELEZIONE: LUCI E OMBRE DELLA SITUATIONAL INTERVIEW

La Situautional Interview affonda le sue radici nella teoria del goal setting, (secondo cui gli obiettivi e le intenzioni dichiarati da un soggetto sarebbero gli immediati precursori del suo comportamento futuro) ovvero nella convinzione che le intenzioni comportamentali dichiarate da una persona abbiano un valore predittivo del suo futuro comportamento lavorativo, nel senso che al verificarsi della situazione ipotizzata il soggetto agirà secondo quanto precedentemente dichiarato.
In pratica, individuate sulla base di una precedente job analysis le situazioni lavorative caratterizzanti la mansione in esame, in fase di colloquio si chiede al candidato quale potrebbe essere il suo comportamento rispetto a ognuna di queste situazioni. Infine si confrontano le sue risposte con una scala di risposte dai valori precedentemente fissati con l’ausilio di uno o più esperti della mansione. Le verifiche condotte fino a questo momento hanno evidenziato una elevata attendibilità dello strumento, sia in termini di accordo tra le valutazioni di diversi valutatori (interrater reliability), che di consistenza interna (internal consistency). L’elevata correlazione con criteri di rendimento lavorativo e situazioni lavorative specifiche ha poi evidenziato importanti ripercussioni sulla validità predittiva dello strumento perché ancora la valutazione a criteri di esclusivo interesse lavorativo, caratterizzando la selezione in termini di oggettività e standardizzazione. In realtà proprio sotto questo profilo lo strumento si mostra carente perché non indaga la misura in cui le intenzioni comportamentali rilevate possano essere influenzate o  correlate con specifiche abilità cognitive o sociali eventualmente possedute dal soggetto che, invece, potrebbero determinare un diverso esito dell’intervista.
Un’ultima indicazione va fornita in relazione alla praticabilità dello strumento e al gradimento registrato. Rispetto al primo punto va chiarito che alla maggiore affidabilità fanno da contraltare costi più elevati (in termini di tempi più lunghi per la progettazione e di numero di persone coinvolte), il necessario addestramento dei valutatori e la necessità di predisporre schemi specifici per le diverse posizioni e/o mansioni.
Contrastanti risultano invece le impressioni dei soggetti coinvolti.
Positiva risulta essere la valutazione degli addetti ai lavori che hanno evidenziato subito la facilità di utilizzo e di valutazione delle risposte, sottolineando in particolare la possibilità, garantita da tale strumento, di apparire organizzati e preparati di fronte ai candidati, stabilire se abbiano o meno le caratteristiche richieste dal ruolo e valutarli su una base obiettiva che tenga conto di motivazioni esclusivamente collegate al lavoro.
Quanto ai candidati, se alcuni si mostrano favorevoli ad un’indagine basata su criteri di esclusivo interesse lavorativo, altri continuano a preferire l’intervista libera perché ritenuta più adatta per poter esprimere in modo completo le proprie caratteristiche. Certo è che collegare le domande ad aspetti tecnici legati alla mansione dovrebbe quantomeno aumentare la motivazione del candidato a rispondere in modo affidabile.
In conclusione le considerazioni fin qui svolte sembrano condurre ad un paradosso legato alle potenzialità dell’intervista situazionale. Ed invero, se da un lato essa tende ad essere affidabile e attendibile, ancorando la valutazione ad una serie di domande relative ai jobs requierements, dall’altro si perdono le caratteristiche che avevano determinato il successo di tale strumento, ovvero la possibilità di un’indagine volta ad indagare anche la personalità del candidato.
Quest’ultimo limite dell’intervista situazionale, appare difficilmente conciliabile (ed è qui il paradosso!) con la nozione di gestione strategica delle risorse umane, la quale presuppone una rivalutazione della persona oggi considerata nella sua interezza:  una valutazione che travalichi il solo ambito delle competenze tecniche per valorizzare aspetti legati alle competenze trasversali, alle capacità relazionali, alle aspirazioni e alle motivazioni del dipendente.


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