La
carta vincente è la flessibilità cognitiva. I neuroscienziati del San Raffaele
stanno studiando i decision maker in azione.
Come
i manager prendono le decisioni? E ancor più precisamente, come funziona il loro
cervello nel corso del processo decisionale. Si tratta, come è
facile immaginare, di un meccanismo complesso. Grazie alle risonanze
magnetiche funzionali i neuroscienziati del San Raffaele hanno potuto
osservare il cervello di circa 50 manager, inventori e imprenditori, tutti
volontari, nell'atto di prendere decisioni. Il concetto fondamentale analizzato
dalla ricerca è quello di "flessibilità cognitiva". Si tratta di
una capacità fondamentale per un decision maker, e in termini molto
semplici è la capacità di spostare l'attenzione da una cosa ad un'altra, nel
momento giusto, e traendo le conclusioni migliori.
Gli
studiosi sono partiti da una considerazione di base: ci sono certi individui e
certe organizzazione che sistematicamente risultano migliori nel processo
innovativo. E hanno cercato di capire qual è il segreto di tale
abilità.
L'osservazione
del modo in cui si attivano e funzionano le funzioni celebrali durante il
processo decisionale permette di validare empiricamente i risultati di un
loro studio, "Cognitive flexibility in decision making: a neurological model
of learning and change" (la flessibilità cognitiva nel processo decisionale,
un modello neurologico di apprendere e cambiare).
In
termini molto semplici, ci sono diverse
aree del cervello che reagiscono a stimoli diversi e lo fanno attivando modalità
differenti. È il modo in cui funziona quest'ultimo meccanismo ad essere molto
importante. Ad esempio una situazione di bassa
incertezza ambientale viene elaborata come un segnale positivo e
innesca una modalità di attenzione che si definisce intensiva (rivolta a
miglioramenti dettati dalla crescita di efficienza lungo traiettorie
date).
Per
contro, un'alta
incertezza ambientale innesca una diversa modalità di pensiero,
definita estensiva (un'ampia esplorazione di nuovi approcci a problemi meno
strutturati), che porta a risultati migliori solo in situazioni instabili. La
capacità di passare agilmente e precisamente da una modalità all'altra è la
"flessibilità cognitiva", e l'ipotesi degli studiosi è che i più abili
nell'applicarla dovrebbero impiegare più degli altri le aree del cervello
coinvolte nel cambiamento di modalità.
La flessibilità
cognitiva, insomma, è la carta vincente dei manager e, spiegano
i tre studiosi «dovrebbe essere la base della capacità dell'impresa di
modificare il modo in cui i problemi vengono elaborati», ma ancor più
interessante è «notare che l'analisi della flessibilità cognitiva potrebbe
aprire nuove prospettive nella formazione
manageriale e imprenditoriale attraverso lo sviluppo di
strumenti e tecniche che gli studenti di management e i professionisti possano
utilizzare».