martedì 14 giugno 2011

Come funziona il cervello del manager?

La carta vincente è la flessibilità cognitiva. I neuroscienziati del San Raffaele stanno studiando i decision maker in azione.

Come i manager prendono le decisioni? E ancor più precisamente, come funziona il loro cervello nel corso del processo decisionale. Si tratta, come è facile immaginare, di un meccanismo complesso. Grazie alle risonanze magnetiche funzionali i neuroscienziati del San Raffaele hanno potuto osservare il cervello di circa 50 manager, inventori e imprenditori, tutti volontari, nell'atto di prendere decisioni. Il concetto fondamentale analizzato dalla ricerca è quello di "flessibilità cognitiva". Si tratta di una capacità fondamentale per un decision maker, e in termini molto semplici è la capacità di spostare l'attenzione da una cosa ad un'altra, nel momento giusto, e traendo le conclusioni migliori.
Gli studiosi sono partiti da una considerazione di base: ci sono certi individui e certe organizzazione che sistematicamente risultano migliori nel processo innovativo. E hanno cercato di capire qual è il segreto di tale abilità.
L'osservazione del modo in cui si attivano e funzionano le funzioni celebrali durante il processo decisionale permette di validare empiricamente i risultati di un loro studio, "Cognitive flexibility in decision making: a neurological model of learning and change" (la flessibilità cognitiva nel processo decisionale, un modello neurologico di apprendere e cambiare).
In termini molto semplici, ci sono diverse aree del cervello che reagiscono a stimoli diversi e lo fanno attivando modalità differenti. È il modo in cui funziona quest'ultimo meccanismo ad essere molto importante. Ad esempio una situazione di bassa incertezza ambientale viene elaborata come un segnale positivo e innesca una modalità di attenzione che si definisce intensiva (rivolta a miglioramenti dettati dalla crescita di efficienza lungo traiettorie date).
Per contro, un'alta incertezza ambientale innesca una diversa modalità di pensiero, definita estensiva (un'ampia esplorazione di nuovi approcci a problemi meno strutturati), che porta a risultati migliori solo in situazioni instabili. La capacità di passare agilmente e precisamente da una modalità all'altra è la "flessibilità cognitiva", e l'ipotesi degli studiosi è che i più abili nell'applicarla dovrebbero impiegare più degli altri le aree del cervello coinvolte nel cambiamento di modalità.
La flessibilità cognitiva, insomma, è la carta vincente dei manager e, spiegano i tre studiosi «dovrebbe essere la base della capacità dell'impresa di modificare il modo in cui i problemi vengono elaborati», ma ancor più interessante è «notare che l'analisi della flessibilità cognitiva potrebbe aprire nuove prospettive nella formazione manageriale e imprenditoriale attraverso lo sviluppo di strumenti e tecniche che gli studenti di management e i professionisti possano utilizzare».