La 
valutazione è obbligatoria da gennaio. Ridurre le tensioni fa bene all'ambiente 
ma anche ai conti: lo stress in Europa costa il 4% del 
Pil.
Si 
tratta indubbiamente di uno dei temi emergenti nel mondo del lavoro. Anche 
perché dal primo gennaio scorso è entrata in vigore la normativa che prevede 
l'obbligo per le aziende di valutare lo stress lavoro-collegato. Turni, 
carichi e ritmi di lavoro, incertezza delle prestazioni richieste, i rapporti 
fra colleghi e quelli con il capo. Sono tutti elementi che oggi le società 
devono tenere sotto controllo, effettuando specifiche valutazioni. Fra 
l'altro, se questo indubbiamente va a migliorare l'ambiente lavorativo, 
si tratta di un fattore che per l'azienda è conveniente anche in termini 
economici.
Un'indagine 
della Commissione Europea evidenzia che fra il 50 e il 60% dei giorni di 
lavoro persi nel Vecchio Continente sono dovuti a problemi di stress. 
Nella sola Gran Bretagna, si perdono per problemi di questo tipo circa 10 
milioni di giorni lavorativi all'anno, mentre in Francia il costo dello stress è 
stimato fra i due e i tre miliardi di euro ogni anno. E ancora, i 
costi diretti legati allo stress equivalgono a qualcosa come il 4% del 
pil europeo.
Il 
rapporto di Bruxelles evidenzia anche come i paesi che hanno già recepito la 
normativa comunitaria, 19 in tutto, evidenzino miglioramenti, e aggiunge la 
considerazione che la legge ha comunque prodotto un beneficio in termini 
di maggior sensibilizzazione al problema. 
Anche 
i consulenti della società ABEA sottolineano che «nel 
concentrarsi sulla tutela dei lavoratori, si sono stati sottovalutati i vantaggi 
per le aziende in termini di minore assenteismo e di maggiore 
produttività, perché quando un lavoratore si sente trattato male o non 
partecipe, rende meno».
Fra 
i lavori più a rischio stress, ci sono quelli dell'area sanitaria, ad 
esempio gli infermieri, gli autotrasportatori, gli addetti ai call center o agli 
uffici reclami. In genere, i lavori che prevedono un continuo contatto con il 
pubblico e quelle che prevedono una turnazione.
La 
valutazione serve per comprendere, e ridurre al minimo, i fattori di 
rischio. Va fatta su gruppi di dipendenti esposti allo stesso modo (ad 
esempio, gli addetti a uno stesso settore, i turnisti, e così via), e si 
articola in due fasi: una preliminare, per rilevare indicatori oggettivi, e una 
seconda a cui si procede nell'eventualità che si rilevino elementi di 
rischio.
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